“Assegnato da Riccoboni alla prima attività di Antonio Zanchi, il Ratto di Elena, in effetti, palesa i peculiari limiti di un giovane, seppur geniale, artista. Di sicuro discorde è la rappresentazione delle muscolose membra del rematore in primo piano a fronte delle facce imbellettate di Elena e Paride e del lezioso dispiego dei merletti che guarniscono le loro vesti.
Opera a metà tra gigantismo delle forme, che diverrà cifra stilistica dello Zanchi, e tipizzazioni fisionomiche che paiono rifarsi più che a Francesco Ruschi e Matteo Ponzone, considerati maestri del nostro, ad alcune ‘stravaganze’ di Pietro della Vecchia, si vedano, in questo, i profili dei personaggi e lo scorcio del viso del marinaio che compare alla destra della composizione.
La tela, che rifugge dalla tradizionale iconografia che ambienta l'episodio omerico in un porto o in prossimità di una costa pietrosa nel momento dell'imbarco, raffigura la rapita Elena stretta tra le braccia del nobile troiano e oramai prigioniera all'interno dell'imbarcazione. Ripreso in primo piano, quasi un' inquadratura fotografica a fil di bordo, il dipinto offre, nondimeno, notevoli spunti d'interesse nel concitato/eccitato Paride che ghermisce un seno di Elena e nel mantello di questa mosso da un vento (meteorologico e sentimentale) impetuoso.
Altre versioni del tema affrontate da Antonio Zanchi si contano nel Landesmuseum di Oldenburg, totalmente rarefatta e di maggior impeto descrittivo, e a Monselice nella Villa Arrigoni degli Oddi, di acquisito equilibrio compositivo.”