“La Fortuna è stata effigiata nei propri riconosciuti attributi della nudità, della ruota e del mantello agitato dal vento.
Queste ultime due peculiarità descrivono la volubilità con la quale la Fortuna dispensa i suoi favori. In questo dipinto la Fortuna abbraccia la Prudenza, a sua volta distinguibile nei simboli dello specchio e del serpente, a indicare come occorra cautela per non dissipare i frutti acquisiti tramite la buona ventura.
La tela è stata giustamente attribuita a Marco Liberi in virtù di alcune tipizzazioni care al pittore e inserita dal Ruggeri nel catalogo dal pittore. La raffinata descrizione dell'allegoria si connota, difatti, di alcuni tratti peculiari della pittura attesa da Marco, si veda il disegno dei volti, nello specifico delle labbra, e le aggraziate capigliature ricciolute delle due figure muliebri. L'artefice ribadisce in questa opera di ben padroneggiare una tematica che rientra nelle rappresentazioni mitologico-sensuali care all'illustre genitore.
Intessuta di cromie dai toni abbassati, quasi crudi, la tela è stata avvicinata da Romei e Tosini al Giove e Asteria del Szépmüvèszeti Múzeum di Budapest, opera firmata di Marco Liberi. Maggiormente pertinente ci pare il raffronto con il possibile soggetto del Giove, travestito da Diana, seduce Callisto di Pietro Liberi nelle versioni di Hampton Court e di collezione privata, con la medesima proposizione vis a vis dei personaggi effigiati.
Il rifarsi di Marco Liberi alle opere del padre Pietro è d'altronde consuetudine accertata per la stretta e diuturna collaborazione intercorsa tra i due artefici.”